Vita più lunga con la SLA agendo sulla microglia

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 24 ottobre 2020.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La sclerosi laterale amiotrofica (SLA), ossia la più comune malattia del motoneurone che si sviluppa come processo neurodegenerativo fatale, costituisce ancora un problema insoluto per la ricerca finalizzata all’individuazione di strategie in grado di arrestarne la progressione. La nostra società scientifica segue sempre con attenzione il lavoro sperimentale che si sta conducendo in questo campo, e ha documentato, con recensioni, aggiornamenti e discussioni, le principali acquisizioni di questi ultimi tre lustri che, dopo progressi incoraggianti soprattutto circa la genetica, la biochimica e la biologia molecolare delle più rare forme familiari, ha fatto registrare battute di arresto preoccupanti per la definizione esatta dell’eziopatogenesi delle forme più frequenti, dette convenzionalmente “sporadiche” ma che rappresentano dal 90% al 95% del totale nella maggior parte degli studi epidemiologici.

Recentemente, gli studi sul ruolo dei macrofagi periferici e della microglia nella patogenesi e nella fisiopatologia della SLA hanno ricevuto maggiore attenzione, anche se l’esatto ruolo delle cellule fagocitarie della periferia e del sistema immunitario del cervello non è stato ancora determinato. Nei topi affetti da SLA i macrofagi periferici, dislocati lungo gli assoni dei neuroni motori, reagiscono in modo diverso dalla microglia del sistema nervoso centrale; pertanto, Aude Chiot e colleghi hanno modificato le cellule macrofagiche della periferia, inducendo la soppressione delle risposte pro-infiammatorie della microglia, con conseguente induzione di attività a supporto dei motoneuroni.

Lo studio, che qui recensiamo, presenta molti aspetti interessanti.

(Chiot A., et al. Modifying macrophages at the periphery has the capacity to change microglial reactivity and to extend ALS survival. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-020-00718-z, 2020).

 La provenienza degli autori è la seguente: Università La Sorbona, Istituto del Cervello – Paris – ICM, Inserm, CNRS, Parigi (Francia); Dipartimento di Scienze Neurologiche, Biomediche e del Movimento, Università di Verona, Verona (Italia); Dipartimento di Neuropatologia, APHP, Ospedale Pietà-Salpêtrière, Parigi (Francia).

Qui di seguito si riporta una sintesi introduttiva sulla SLA:

“La sclerosi laterale amiotrofica (SLA o ALS nell’acronimo inglese), descritta per la prima volta dal neurologo francese Jean-Martin Charcot nel 1869, è la forma più comune di malattia del motoneurone dell’età adulta, che evolve rapidamente in pochi anni dall’insorgenza di sintomi quali debolezza ingravescente degli arti, atrofia muscolare e spasticità. L’atrofia e la paralisi muscolare sono la conseguenza della degenerazione dei motoneuroni del midollo spinale e del tronco encefalico, la cui distruzione priva di tono, trofismo e riflessi i muscoli, compromettendo progressivamente le abilità motorie degli arti, la fonoarticolazione e la respirazione. La spasticità, che complica ed aggrava il quadro, è conseguenza della perdita dei neuroni motori della corteccia cerebrale. Infatti, il processo patologico interessa sia i motoneuroni superiori, sia quelli inferiori del sistema nervoso centrale, evolvendo attraverso una serie di stadi che influenzano la dimensione, la forma, il contenuto, il metabolismo e la fisiologia di queste cellule. Non si conoscono ancora le cause della SLA sporadica, che riguarda il 90-95% delle persone colpite, mentre per i casi familiari (5-10%) già in passato sono stati descritti specifici mutanti per almeno quattro forme ereditarie: ALS1, associata a SOD1 (Bruijn et al., 2004; Bruijn et al., 1998; Bowling et al., 1995; Borchelt et al., 1994; Rosen et al., 1993), ALS2 alla alsina (Yamanaka et al., 2003; Hadano et al., 2001; Yang et al., 2001), ALS4 alla senataxina (Chen et al., 2004; Moreira et al., 2004), e un’ultima forma è stata messa in relazione con una mutazione nel gene per una subunità della dinactina (Valee et al., 2004; Puls et al., 2003). Nonostante la bassa incidenza delle forme familiari, lo studio su modelli sperimentali di SLA ereditaria si sta rivelando molto importante per la comprensione della patologia anche delle forme sporadiche.

Si stima che all’incirca il 15-20% dei pazienti con forme ereditarie di tipo autosomico dominante, ossia circa il 2% di tutti i casi di SLA, presenta mutazioni nel gene situato sul cromosoma 21 che codifica l’enzima citosolico rame/zinco superossido dismutasi 1 o Cu/Zn SOD1 o semplicemente SOD1, un polipeptide di 153 aminoacidi che, come omodimero, catalizza la conversione di O2- in O2 e H2O2. La malattia con questa eziologia è denominata sclerosi laterale amiotrofica 1. Sono state descritte più di 100 mutazioni di SOD1 in grado di causare forme autosomico-dominanti; l’unica eccezione nota è l’omozigosi D90A SOD1, che è ereditata come recessiva. Varie mutazioni, sparse lungo la struttura molecolare e non concentrate in prossimità del sito attivo o dell’interfaccia del dimero, conferiscono a questa metalloproteasi una o più funzioni tossiche che compromettono l’integrità dei neuroni motori causando lo sviluppo della degenerazione all’origine di forme familiari della SLA1[1].

Per completare i riferimenti essenziali all’eziologia genetica: “Il procedere degli studi ha rivelato altre importanti associazioni per le forme familiari[2]: VAPB, che è un ligando per i recettori Eph, è stato associato a SLA e ad atrofia muscolare spinale (AMS) ad insorgenza tardiva, in varie famiglie brasiliane; mutazioni nel gene OPTN (optineurina) sono state scoperte inizialmente in otto pazienti di SLA giapponesi; mutazioni nel gene della VCP (valosin-containing protein) si ritiene possano essere responsabili dell’1-2% dei casi di SLA familiare[3]; infine, l’associazione con due geni implicati nel metabolismo dell’RNA, ossia TDP-43 e FUS[4].

Ritorniamo ora alla modificazione dei macrofagi periferici dello studio qui recensito.

Chiot e colleghi hanno rilevato e dimostrato che i macrofagi disposti lungo l’assone dei neuroni motori nei modelli murini di SLA reagiscono alla neurodegenerazione, e lo stesso comportamento lo hanno le cellule macrofagiche associate ai neuriti dei motoneuroni dei pazienti affetti da SLA. Lo studio specifico dell’infiltrazione mieloide del midollo spinale murino dei modelli sperimentali della malattia del motoneurone ha evidenziato che questo processo è limitato e dipende in modo significativo dalla durata della malattia.

 Assumendo come obiettivo la modulazione dei geni della via delle specie reattive dell’ossigeno nelle cellule mieloidi dei topi affetti da SLA sperimentale, per cercare di trovare risposte agli interrogativi sul ruolo dei due tipi di popolazioni cellulari non nervose, Chiot e colleghi hanno realizzato la manipolazione mediante sostituzione cellulare (cell replacement). L’operazione ha ottenuto risultati davvero impressionanti: 1) ha ridotto la reattività della microglia e dei macrofagi periferici; 2) ha ritardato la comparsa dei sintomi; 3) ha allungato in modo significativo la durata della vita.

Lo studio trascrittomico ha rivelato che i macrofagi del nervo sciatico e la microglia reagivano differentemente alla neurodegenerazione, con improvvisi e drastici cambiamenti nei macrofagi, e progressiva attivazione unidirezionale della microglia.

La modificazione dei macrofagi periferici ha soppresso le risposte proinfiammatorie della microglia, e determinato una conversione funzionale verso l’attività fisiologica di supporto dei neuroni. In sintesi: la modificazione dei macrofagi periferici modifica l’evoluzione patologica, arrestando la progressione della degenerazione e candidandosi come possibile strategia terapeutica.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di studi di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-24 ottobre 2020

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 31-03-12 Nella sclerosi laterale amiotrofica un anticorpo riconosce forme tossiche di SOD1.

[2] Anche fattori angiogenici sono stati associati alla SLA: mutazioni nell’angiogenina (ANG), ad esempio, sono state associate a casi sporadici e familiari della malattia del motoneurone.

[3] Wong P. C., et al. Motor Neuron Diseases in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price, editors-in-chief), Ch. 45, pp. 801-814 (cit. p. 806), AP Elsevier 2012.

[4] Note e Notizie 20-01-18 Scoperto un meccanismo legato a TDP-43 per la SLA e la demenza FT.